L’amniocentesi è un’analisi di cui spesso sentiamo parlare ma della quale non conosciamo bene molti aspetti, come metodologia e risultati utili … chi deve farla? In che momento della gestazione? Che informazioni ci fornisce? Vediamo di fare un po’ di chiarezza a riguardo rispondendo a queste ed altre semplici domande a riguardo.
Che cos’è l’amniocentesi?
Cominciamo con il definire di cosa stiamo parlando. L’amniocentesi è una tecnica diagnostica che prevede il prelievo di una piccola quantità di liquido amniotico (circa 20 cc) direttamente dal pancione delle futura mamma. Il liquido amniotico in cui è immerso il feto, infatti, è costituito per la maggior parte di acqua (circa il 97%) ma per la restate parte presenta sostanza nutrienti e cellule fetali, che possono darci informazioni fondamentali sullo stato del bambino e, soprattutto, sul suo patrimonio cromosomico.
Queste cellule ricche di informazioni sullo stato del feto si chiamano amniociti, per questo motivo tale tecnica, che ricava dati fondamentali proprio da queste particelle presenti nel liquido amniotico, prende il nome di amniocentesi.
Come si esegue
L’amniocentesi consta di due momenti successivi durante la stessa analisi. In un primo momento viene effettuata un’ecografia, che ha lo scopo di monitorare la posizione del feto, la quantità del liquido amniotico e l’esatta posizione della placenta. Una volta valutati questi primi parametri si passa alla fase del prelievo vero e proprio.
Viene utilizzata una siringa con un ago lungo circa 10 cm, mediante la quale è possibile prelevare circa 20 cc di liquido direttamente dalla sacca amniotica. Per poter raggiungere la sacca amniotica l’ago dovrà superare, nell’ordine, prima l’addome della futura mamma (ovvero il primo strato del pancione) e, successivamente, la parete dell’utero, sempre facendo attenzione a non danneggiare il bambino e la placenta.
Il liquido amniotico estratto viene posto in delle apposite provette e verrà successivamente analizzato in laboratorio. Entrando più nello specifico, le cellule così prelevate saranno coltivate in laboratorio e, dopo circa 15-20 giorni, il loro materiale genetico verrà prelevato ed analizzato con attenzione.
I risultati dell’amniocentesi
Quali informazioni ci fornisce tale analisi? I risultati sono davvero molteplici: essi riguardano principalmente una valutazione sul corredo cromosomico del feto, ma può darci anche informazioni sul livello di sviluppo fetale. Mediante l’amniocentesi è, infatti, possibile individuare:
- Anomalie cromosomiche, come la trisomia 21, nota anche come sindrome di Down,
- Malattie genetiche come la fibrosi cistica,
- Alcune malattie ereditarie legate al sesso del nascituro, e normalmente legate al cromosoma X (ad esempio l’emofilia),
- La paternità del bambino,
- Eventuali anomalie legate allo sviluppo del tubo neurale (come la spina bifida),
- Possibili malattie metaboliche del feto.
Chi deve farla e quando
Cominciamo con il dire che non tutte le donne devono sottoporsi ad amniocentesi. Essa viene prescritta da un medico che segue la futura mamma, nel caso in cui questa abbia superato il 35mo anno di età (perché da questa età in poi diventa più alta la probabilità di avere problemi legati al feto), o a pazienti con familiarità per anomalie cromosomiche.
Normalmente viene effettuata tra la 16ma e 18ma settimana di gestazione, quando cioè il liquido amniotico è in quantità sufficiente per poter effettuare un prelievo di circa 20 cc, e gli amniociti che dovranno essere analizzati sono già sufficientemente maturi. È possibile anche una cosiddetta amniocentesi tradiva, ovvero dopo la 20ma settimana, ed in questo caso lo scopo dell’analisi è generalmente rivolto a studiare lo sviluppo del nascituro.