I bambini ci sorprendono in ogni espressione, gesto o azione inaspettata che compiono, e molto spesso ci viene quasi spontaneo pensare:”Ma dove l’avrà imparata questa adesso?”. I loro progressi nei movimenti, nel linguaggio e nel modo di rapportarsi con le altre persone sono incredibili e la capacità di apprendimento è notevolmente più sviluppata rispetto agli adulti.
Questo aspetto, ovvero la rapidità di apprendimento, è molto spiccata nei primi mesi di vita, solo che, molto spesso, i genitori non riescono totalmente a rendersene conto, proprio perché queste capacità agiscono in maniera poco visibile. È proprio nei primi mesi vita, infatti, che i neonati cominciano a prendere contatto con il mondo che li circonda e cominciano, a modo loro, a reagire agli stimoli esterni, che si tratti del dito del papà da stringere forte o della voce dolce della mamma che fa comparire un sorriso dal loro volto. Fatto sta che un neonato apprende davvero con rapidità, come se fosse un “piccolo buco nero della conoscenza”, ed oggi abbiamo anche un ulteriore studio scientifico che avvalora questa tesi.
Nello specifico, ci stiamo riferendo ad uno studio svolto in maggioranza da studiosi italiani (il che ci rende ancora più orgogliosi dei nostri “cervelli” nostrani) pubblicato da poco sulla rivista dell’Accademia di Scienze degli Stati Uniti. Si tratta di un’indagine che ha confermato, e supportato con evidenze scientifiche, che i neonati ricordano e riconoscono le parole che vengono pronunciate loro, fin dai primi giorni della loro esistenza. Per la prima volta, infatti, non parliamo solo di supposizioni o di ipotesi ma ci sono prove oggettive che dimostrano la veridicità dell’attività neuronale dei bimbi appena nati e la loro incredibile capacità nel memorizzare le prime paroline che ascoltano.
Vediamo, allora, come è stata condotta tale ricerca. Lo studio ha interessato 44 bambini appena nati nell’ospedale Santa Maria della Misericordia di Udine. Ai suddetti neonati sono state ripetute, ogni due minuti, della parole semplici. Tali parole, inoltre, potevano essere leggermente cambiate, modificando, a turno, le vocali o le consonanti in esse presenti.
Questa era la metodologia del test, ma come era possibile, per gli studiosi, tradurre questo input in un output oggettivo? Ovvero, quale verifica sperimentale hanno utilizzato i ricercatori per dimostrare oggettivamente che i piccoli riconoscessero e ricordassero le parole ripetute? A tale fine è stata utilizzata una tecnica non invasiva che prende il nome di spettroscopia nel vicino infrarosso. In pratica, e detto a prole molto semplici, si studia quella parte di luce che viene assorbita (in maniera del tutto innocua) dalla testa del bimbo per ricavare quelle zone del cervello che si sono attivate in seguito alla stimolazione esterna.
Entrando più nel dettaglio, i risultati mostrano che la regione del cervello dei neonati che si attiva è proprio quella che nell’adulto è responsabile nel processo di memorizzazione e ricordo delle parole, ovvero quella frontale destra. Il che significa e dimostra che i bimbi, anche a pochi giorni dalla nascita, riconosco e cominciano a ricordare le parole e che, inoltre, questa azione è tanto più sviluppata nel caso di parole che contengano le stesse vocali, rispetto alla parola ascoltata prima.